Certo, questo è evidente… in particolare mi riferisco alla lana che producono. Perché molti non sanno che all’interno della grande categoria delle pecore allevate per il loro vello (che sono diverse da quelle allevate per fare il formaggio, ad esempio), esistono ulteriori suddivisioni.
Ci sono pecore che producono lana sottile e morbida, adatta alla produzione di indumenti per bambini o accessori di pregio o a quanto può andare a contatto con la pelle (razze come Merino, Rambouillet, Cormo).
E ci sono quelle che producono una lana più spessa e grossa, adatta alla produzione di coperte, borse, cappelli invernali, calze e di tutti quegli accessori che necessitano di resistenza e durevolezza (razze come Texel, Wensleydale, Dorset).
Nel mezzo ci sono quelle pecore la cui lana si caratterizza per la versatilità, ovvero producono una lana “media”, sufficientemente morbida e resistente, con la quale è possibile fare maglie, guanti, cappelli, calze, coperte e mille altre cose (razze come Bluefaced Leicester, Columbia, Corriedale).
Ma ci sono anche razze le cui caratteristiche variano con l’età – ad esempio la lana dell’agnello di Corriedale ricade nella prima categoria – ed altre che hanno addosso due tipologie di lana, come la Iceland (la pecora tipica dell’Islanda).
In Italia, invece, abbiamo solo pecore specializzate per il latte, con le quali si producono tante tipologie di formaggio.
Negli ultimi anni diversi allevatori hanno deciso di “merinizzare” il proprio gregge, attraverso incroci con razze pregiate, di solito dietro richiesta o consulenza di un dipartimento universitario.
Chissà, nascerà una nuova razza italiana?